martedì 18 settembre 2007

Come tutto è cominciato


Ai piani alti, ogni volta che mi affacciavo da un balcone il cuore era in gola. La paura di precipitare giù era grandissima e tendevo a non sporgere la testa. Il corpo tremava e nonostante mi andasse di guardare giù preferivo non rischiare.

Rischiare, una parola di cui a volte ignoriamo il vero significato. Il livello di rischio siamo noi a deciderlo e dipende dalle nostre paure, dalla nostra voglia di andare un pelo oltre. C'è chi vive ogni giorno in situazioni estreme, chi fa lavori incredibili e pericolosi, ma che si comporta come stesse compiendo le azioni più semplici del mondo. C'erano "indiani" o, meglio, i veri americani, cacciati e schiavizzati da noi grandi conquistatori europei, che lavoravano sui grattacieli americani. Si muovevano tra una trave e l'altra a centinaia di metri di altezza senza alcuna protezione, con assoluta naturalezza. Era la paura che mancava e senza questa non cadevano.

Il 2007 mi ha insegnato che ho vissuto per 10 anni al limite e sono caduto tante e tante volte. Nessun grattacielo, nessun volo, solo una banale vita in cui oggi non mi riconosco più. E allora è successo che ho deciso di abbassare il mio livello di rischio, riconoscendo che già vita tranquilla era diventata pericolosa. E’ stato allora che ho trovato lui, un uomo che da vent’anni anni si lancia dalle montagne e solca i cieli. Ha cominciato quando tutti gli dicevano "Sei pazzo?". Lui ha sempre risposto: “Il pazzo è chi rimane a terra”. Difficile dire da che parte sta il bene, prima di trovare il coraggio e seguirlo in uno dei suoi voli.

Per spiegare le emozioni provate, riporto di seguito una lettera che ho scritto a mio padre, una tra le persone che considerarono quel volo una "cosa da pazzi".

Mercoledì 27 giugno 2007

"Ciao Papà.

Preferisco scrivere piuttosto che telefonarti, in modo che le mie parole rimangano, che tu possa comprendere le ragioni che mi hanno portato a questa decisione.

Partiamo per gradi. Sono sempre stato un animo libero, questo tu lo sai. In un certo qual modo ho sempre volato, fin dalla mia più tenera età. Questo è uno degli aspetti del mio carattere che tu consideri uno dei mie peggiori difetti. Testardaggine, cosi la chiami. Libertà, cosi l’ho sempre chiamata io. Ci siamo sempre scontrati su questo ma, paradossalmente, tu stesso sei stato quello che mi ha sempre accompagnato in quelle scelte che da molti sono state viste come pure follie. Così quando ho deciso di trasferirmi a Milano per inseguire un sogno, tu sei stato con me e mi hai accompagnato, aprendomi gli occhi e standomi vicino.

Gli ultimi anni hanno rappresentato per me un periodo veramente buio. Mi sono chiesto molte volte se questo sia stata la conseguenza di quei miei voli e di quel desiderio di libertà, ma solo adesso inizio a capire che qualcos’altro è successo.

Sono stato costretto a stare con “ i piedi per terra”. Così mi sono spento, niente più euforia, poca felicità, poche emozioni. Tutto intorno ha iniziato ad appassire e le luci hanno cominciato ad affievolirsi. Ho pensato spesso che questo vortice avrebbe portato con se anche le cose che mi hanno dato voglia di vivere fino ad oggi. Il rapporto con te, i miei più cari amici, il mio lavoro e soprattutto lei, compagna di questa vita finora. Ed è da qui che il castello ha iniziato a crollare portandomi ancora più in basso che mai.

Improvvisamente, i miei occhi hanno iniziato ad aprirsi, il mio cuore ha preso a battere, fino a far pensare ad alcuni che fosse malato. La voglia di libertà è tornata e mi sono rivisto come un vincente, lo stesso uomo che ha più volte dimostrato di avere una marcia in più, più coraggioso e forte degli altri, più affascinante e capace di ottenere quello che vuole. Anche la tua visita è servita, innanzitutto a tirare fuori da me alcune cose nascoste che da dentro mi ferivano fortemente. E dopo un forte periodo di stress oggi posso dire di iniziare un cammino diverso. Pronto ad affrontare i problemi e a non scappare, a guardare in faccia le mie paure.

Il mio messenger, vero specchio del mio cuore in tutti questi anni, riporta accanto al mio nome delle brevi frasi che rispecchiano il mio stato d’animo. Si è passati da frasi come”datemi un martello”, a “mi sposo!”, a “cosi tanti problemi che…”. Tutto ad un tratto, quando nessuno poteva aspettarlo, ecco comparire un emblematico “I’m ready to fly”, “Sono pronto a volare”. Volare come ho sempre fatto, liberarmi da chi o da cosa in tutti questi anni mi ha tenuto in basso, legato.

Una sera su Rai Tre ho conosciuto il mio Maestro, la persona che ha dato ai miei occhi l’immagine di questa mia nuova voglia di vivere: Angelo D’Arrigo. Visita il suo sito e capirai meglio anche tu.

Angelo ha vissuto a 360°. Lui ha solcato i cieli del mondo, ha accompagnato uccelli migratori per più di 5000 km, tutto su un leggero deltaplano che lo ha portato a sorvolare su alcuni dei luoghi più nascosti e impervi della terra. Angelo è morto in una terribile mattina in cui era ospite di un evento di volo. Penserai: “Si è schiantato, il pazzo”.
Ma ti sbaglierai. Era sì in un piccolo biposto ultraleggero. ma lui era il passeggero, non il pilota.

Mi sono avvicinato al deltaplano e studiandolo ho trovato una persona speciale, Graziano. Lui insegna che si vola proprio quando si è pronti ad uscire da un periodo difficile, per provare a se stessi che si può superare qualsiasi difficoltà con coraggio e determinazione.

Quando te ne ho parlato, hai pensato fosse incoscienza, ma ti assicuro che il percorso che mi ha portato a pensare al questa avventura è stato molto diverso.

La mia paura ha fatto 90 fin da quando ho chiamato Graziano e ti assicuro che fissare la data del mio primo lancio non è stato per niente facile, ma ci sono riuscito, ho fissato il giorno e l’ora: oggi.

Ho dormito male per 5 notti, sognando di cadere nel vuoto. Ma questa mattina alle 7,00 con la mia donna e l'amico del cuore, ho preso l’auto e sono andato fino a Casei Gerola, direzione Genova. Graziano mi aspettava con la sua calma e felicità. Mi ha presentato il pilota di quell’aereo che mi avrebbe portato su, per 600 metri, in braccio al cielo. Poi ha aperto un Hangar e mi ha chiesto di aiutarlo a portare fuori il più straordinario miracolo della mente umana, un oggetto che il genio di Leonardo ha inventato, anche se non lo ha mai fatto volare, come lui avrebbe voluto più di ogni cosa.

Il Delta è stato da me montato e, dopo 20 minuti, è arrivato il momento. Lo abbiamo portato in mezzo ad un grande prato e attaccato una piccola cordicella alla barra. Sono stato imbracato sotto Graziano, che mi ha spiegato tutto. Poi mi sono piegato appena sopra l’erba e Graziano ha fatto un cenno al pilota. L’aereo si è mosso e sotto i miei occhi, sempre più velocemente, quella stessa erba ha iniziato a correre. Ho chiuso gli occhi e ho sentito il cuore aprirsi proprio nel momento in cui ho lasciato la terra ferma.

Siamo lentamente saliti in alto e abbiamo trovato una turbolenza non prevista. Questo mi ha permesso di capire quanto il mezzo fosse sicuro e solido. Eravamo però ancora attaccati all’aereo e la cosa mi dava ancora sicurezza, anche se sotto di me lei e il mio amico non erano che due puntini.

Dopo qualche minuto Graziano mi ha chiesto di guidare. Io ho avuto qualche tentennamento, ma lui mi ha spiegato che era necessario per capire se io fossi capace di volare veramente. Mi sono sentito più sicuro ed ho impugnato l’asta. Il vento era nelle mia braccia e il mio corpo era attaccato a due grandi ali, ad una grande distanza dal prato sottostante. Graziano mi ha chiesto di accelerare per portami più vicino all’aereo. A quel punto ha gridato “Liberi!”. Ho visto l’aereo allontanarsi, portando con sé la stessa corda a cui eravamo saldamente attaccati. Ho capito così di essere veramente libero nell’aria.

Graziano mi ha spiegato come curvare e come planare. E’ bastato poco per portarmi in direzione dell’aeroporto e avvicinarmi alla terra. L’erba è tornata sempre più vicina alla mia faccia e velocemente ho visto il prato riavvicinarsi. 10 metri, 8 metri, 6 metri, 4 metri, 2 metri…. Terra.
Come mi sento adesso? Libero, felice, forte, pieno di vita, di storie da raccontare, di emozioni che solo poche persone in tutta Italia possono provare.

So che questo per te rappresenta un motivo di apprensione, ma ti prego di capire il perché di questa mia scelta.

Il mio volo non si fermerà. Da oggi qualcosa cambia ancora.

Ti chiedo di fidarti di me e di vedere questa nuova fase come un concreto momento di risveglio e di voglia di vivere.

Ti voglio bene